PROFESSORESSA MICHELA MARCONI - ARTISTI QUOTATI

ARTISTI QUOTATI
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'' CRITICI D'ARTE FAMOSI ''

Prof.ssa Michela Marconi


Consegue la laurea con lode in Lettere Classiche alla II Universitá di Roma - Tor Vergata, discutendo la tesi in storia dell'arte greca e romana. Fin dalla primissima infanzia vive l'esperienza di visitare città, chiese e palazzi. Nei musei archeologici ammirava estasiata quelle perfette sembianze di candido zucchero, levigate e morbide come la seta. La sua educazione artistica si affina anche attraverso lo studio e la passione della musica e del bel canto, frequentando il Conservatorio di musica "S.Cecilia", ove consegue il diploma di Canto e la laurea specialistica. È così che percorre una via tutta sensitiva procedendo molto lentamente e anelando ad istituire un rapporto privilegiato, anzi profondo, con l'arte. Lavora dal 1998 al 2001, in qualitá di esperta numismatica, con il prof. T.R.Volk, dell'Universitá di Cambridge, alla catalogazione della Raccolta di monete e medaglie del Museo Civico "G.Fattori" di Livorno. Ha scritto articoli e critiche per il giornale "Mercurio" di Orbetello. Dal 2005 è titolare della cattedra di Lettere a Roma.
Affianca alla professione di didatta e di musicista, l'impegno e la passione per l'arte e la letteratura. Partecipa al Premio Nazionale di Poesia "Diana Nemorensis" 2013. Attualmente sta curando le recensioni delle opere pittoriche dell'artista Raffaele Ciotola, con il quale strinse una solida amicizia alcuni anni fa quando erano entrambi allievi dello stesso maestro di canto.





" Stop Homoph Art "

'' FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME ? ''

27 GENNAIO GIORNO DELLA MEMORIA



Se non si può parlare di opera prima, di sicuro si può  annoverare tra le sue primissime esperienze di arte pittorica, “La cena  dei pupi”, risale al 1980, quando Raffaele Ciotola è poco più che  adolescente. La tela richiama la tradizionale iconografia dell’ultima  cena, che generalmente è definita da uno dei due momenti fondamentali  che la costituiscono: quello dinamico e drammatico dell’annuncio (“Uno  di Voi mi tradirà”) del tradimento, con le reazioni degli apostoli  sconvolti dalla rivelazione, e il momento mistico e solenne della  Comunione degli apostoli, in cui si istituisce l’Eucaristia ( “Questo è  il mio corpo”); ma ne è una rivisitazione, proponendo un punto di vista  fortemente innovativo e provocatorio, nel tentativo di sgretolare le  regole classiche. Evidentemente l’autore durante l’elaborazione ed  esecuzione aveva ben in mente, e non poteva essere altrimenti,  l’affresco di Leonardo (ed altri celebri esempi di un soggetto così  diffusamente trattato nella storia dell’arte), in cui l’episodio viene  narrato secondo i precetti aristotelici – con un’unità di tempo e luogo –  ma anche quelli derivanti da Platone, in cui la luce è mezzo di  unificazione tra l’umano e il divino, e infine con la prospettiva  centrale, come elemento di composizione pittorica che accentua l’effetto  di concentrazione dello sguardo sul personaggio centrale del Cristo.  Pur nel rispetto della struttura compositiva tipica dell’iconografia  occidentale con le figure collocate in modo simmetrico attorno ad una  tavola rettangolare il cui centro, punto focale, è Gesù, il nostro  pittore sostituisce le figure umane con dei pupi, una sorta di  manichini. Nessuno degli apostoli è riconoscibile, neppure il Cristo,  che diversamente dagli altri, però, ha l’aureola. Giuda non si trova  isolato come un indegno sul davanti della tavola, secondo la tradizione  occidentale, ma è mescolato agli altri, mimetizzato, nascosto: l’unico  elemento che potrebbe rievocarlo è quella piccola mosca posata sulla  tovaglia, sul lato basso a sinistra, come un diavoletto, un motivo  curioso che sembra la traduzione figurativa delle parole di S. Giovanni  che ricorda: “E dopo il boccone, l’avversario (Satana) entrò in lui  (Giuda)”. Ma questo piccolo insetto schiacciato potrebbe, forse, anche  voler richiamare la morte, l’idea di un aldilà, in senso escatologico.  La scena si svolge all’interno di un’ampia sala, costruita con rigore  prospettico, ritmato da un soffitto ligneo a cassettoni e dagli arazzi  alle pareti, che con motivi decorativi floreali, offrono un senso di  levità espressiva. Due veli, come tende di un sipario, a svelare il  quadro, una rappresentazione teatrale: sulla tavola nient’altro che un  po’ di pane ed un calice di vino, marionette indaffarate e distratte, un  candore epifanico che è immensa sorgente di luce, di trasfigurazione,  un’architettura squadrata e svettante, come un tempio, e sul fondo un  cielo azzurro. Davanti a tutto tre sfere, globi dal contorno nerastro ma  trasparenti e fatti di sola luce spirituale che alludono alla  perfezione, ad una visione salvifica e metafisica. Questa l’unica pars  construens contrapposta agli uomini-maschera, senza volto, espressioni  artefatte, a dimostrazione delle falsità, che presiedono ai rapporti  sociali, e della solitudine, in senso pirandelliano, a cui è confinato  l’uomo, coperto dal proprio ruolo e disumanizzato nella sua essenza. In  questa opera il motivo religioso è, dunque, anche sociale. Rifiutando le  convenzioni, puntando sui fatti e rinunciando alla ricerca del bello,  il dipinto ha un carattere spiccatamente parenetico: vuol essere un  ammaestramento. Viene utilizzato un linguaggio simbolico, un’allegoria  che denuncia la strumentalizzazione del messaggio di Cristo, il suo  travisamento: l’uomo è ancora e sempre “homo homini lupus”. Attraverso  una fragile e ingenua sensibilità, il giovanissimo artista immagina e si  serve di queste figure anonime e annichilite, moduli privati delle  fattezze umane, della corporeità e della spiritualità, per raccontare la  sua paura e la sua sofferenza nei confronti dell’uomo malvagio e  opportunista di ogni tempo.

Prof.ssa Michela Marconi



L'artista Raffaele Ciotola nasce a Napoli il 17 ottobre 1964, sostenuto da una madre attenta e sensibile che promuove i suoi studi, assecondando la sua indole artistica. Consegue il diploma di maturità artistica e quello di Maestro d'Arte all'Istituto Statale d'Arte "Filippo Palizzi" di Napoli nel 1983. Fin da giovanissimo si dedica alla pittura in modo professionale e, dopo aver esordito nel 1980 in occasione di una mostra collettiva nella sua città natale, proseguirà partecipando ad altre collettive e personali in numerose città italiane fino al 2002 (Piano di Sorrento, S.Anna a Napoli, Miano, Viterbo, Milano, Portogallo). Viene premiato dal prof. Franco Girosi, insigne artista napoletano del secolo scorso, con la medaglia d'oro alla Biennale Nazionale di Arte sacra a Torre del Greco nel 1980. Fondamentali per la sua formazione gli incontri con il prof. Franco Girosi e con l'artista Luigi Signore, considerato al momento tra i migliori scultori presepiali in Italia. Intraprende gli studi musicali, frequentando il corso di canto presso il Conservatorio di Napoli, ma l'incontro avvenuto a Roma nel 1987 con il maestro Renato Guelfi, cantante lirico e pittore, sarà determinante per la sua crescita professionale, tanto da portarlo ad esibirsi come cantante in alcuni teatri nazionali (Lecce, S.Maria di Leuca, Ronciglione, Villa Pignatelli a Napoli). Tra i riconoscimenti a lui attribuiti, si menzionano: la medaglia d'oro al Premio "La Triade", Palazzo Sormani - Sala del Grechetto - Milano; il diploma d'onore a S.Anastasia, Napoli. Al 2002 risale la mostra personale nella Tuscia, in occasione della quale espone per la prima volta alla Sala Anselmi di Viterbo. Il suo stile pittorico e la sua produzione si contraddistinguono per l'uso intenso del colore e per gli effetti chiaroscurali, esprimendo una libertà creativa ed un'energia vitale smisurata, senza nascondere emozioni forti ed eloquenti, lasciando a chi osserva una speranza, una luce, quella che conduce oltre la solitudine sfumando ruoli e convenzioni sociali. Infatti, dalla fine degli anni '90, la sua attività si concentra maggiormente su temi di attualità e risente dell'impegno civile speso contro l'omofobia e i comportamenti discriminatori, rendendosi propugnatore di messaggi anticonformisti, tuttavia ispirati da valori etici universali. Nel 2003 crea il movimento artistico "STOP HOMOPH ART" che si prefigge di diffondere la cultura del rispetto e della lotta contro l'omofobia. È così che ai paesaggi e alle visioni oniriche, a quelle ermetiche e metafisiche della prima fase, si sostituiscono opere di riflessione e giudizio, che vengono ben accolte dal pubblico e dalla critica, suscitando anche l'attenzione di Jean-Louis Cougnon, Capo Divisione presso la Direzione generale del Parlamento Europeo.

* Nel 2018 ha creato un secondo movimento artistico ''ROCK ART CIOTOLA''. Ha lo scopo di abbellire personaggi famosi di tutto il mondo in stile Rock, con rispetto e senza prenderli in giro. Lo stile è quello di tatuarli soprattutto dalle spalle verso l'estremità del collo per elevare il loro aspetto ai massimi livelli estetici.

* La ''FINGER ART CIOTOLA'' un Movimento Pittorico rivoluzionario che ci invita a un viaggio straordinario nel cuore della storia. Con un gesto semplice eppure potente, Ciotola utilizza il proprio dito come pennello per catturare l'essenza di grandi personaggi del passato.
Sulla punta di un dito, l'artista dipinge tratti distintivi, espressioni e caratteristiche che rendono inconfondibili figure storiche. È come se, con un tocco magico, Ciotola riuscisse a far rivivere questi personaggi, riportandoli al presente attraverso un'opera d'arte unica e originale.

* L'opera d'arte "Italia contro il razzismo" dedicata alla lotta al "razzismo" che è stata apprezzata per corrispondenza dal Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella.

* ''San Bonaventura da Bagnoregio'' l'opera è esposta nella Concattedrale dei Santi Nicola, Donato e Bonaventura - Bagnoregio - Viterbo.

* L'opera d'arte ''La Madonna di Fátima'' è UFFICIALMENTE entrata a far parte della COLLEZIONE del Museo di Fátima.

email : maestror.c@gmail.com

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